
SI RIPARTE.
La giostra del pre-partenza
E’ passato quasi un anno da quando sono rientrata a “casa” dalla Tunisia.
“Ma come fai a cambiare continuamente paese/casa/lavoro? Io al tuo posto impazzirei”
Ecco qui cosa significa, passare attraverso la giostra del pre-partenza.
Quando torno in Italia, dopo tanti mesi all’estero, passo sempre attraverso lo stesso turbinìo di emozioni, la stessa giostra circolare che si ripete ancora e ancora. Non importa quanto io sia abituata o che io sappia esattamente quale sarà lo step successivo, è come se ci fosse un corridoio che attraversa tante stanze e io sia obbligata a percorrerle tutte, ancora e ancora. Non riesco a stare ferma all’inizio e percorrerlo è difficile, ma quando arrivo alla fine ho bisogno di ricominciare da capo.
Prima di rientrare c’è l’impazienza di ritrovare tutto e tutti.
La gioia di riassaggiare i piatti che mi sono familiari (uhm…quel prosciutto crudo! E quel tiramisù?! Per non parlare del risotto!), di dormire di nuovo in quel letto che mi ha cullato per tanti anni, di passeggiare lungo quel lago che ho odiato per tanti anni, di risentire il profumo di Olea Fragrans alla fine della strada, di percorrere quei 50 metri che mi separano da casa della nonna…gli amici,le merende
E poi eccole lì. Come i protagonisti del film di animazione “Inside Out”:
La noia di una vita che sembra ripetersi ogni giorno identica, l’insofferenza per una città a cui non ho mai creduto veramente di appartenere e in cui tutto sembra non cambiare mai e la paura di non sapere cosa accadrà, di non riuscire più a ripartire, di restare “incastrata” in qualcosa che ormai sento far parte del passato.
Due settimane prima di partire, ecco qui la nostalgia, l’insospettabile e insopportabile attaccamento verso le cose pù banali che so non rivedrò per un bel po’.
Poi ecco la calma, quella calma che ti porta a preparare un trasloco verso un altro paese la notte prima del volo, quella stessa calma che poi sfocia improvvisamente in crisi di panico quando realizzo quello che sta succedendo.
Poi eccole lì, le lacrime al metal detector.
Alcuni di voi mi capiranno, il passaggio al metal detector in aeroporto è fondamentale. E’ un confine invalicabile tra te e i tuoi cari.
Che determina il momento in cui pronunciare il fatidico “arrivederci”, voltarsi e mettersi in cammino da sola, davvero.
Ecco l’entusiasmo finalmente, in volo inizio a fantasticare su quello che sarà, sulla mia nuova casa, le persone che incontrerò, i cibi che assaggerò, la nuova vita che vivrò.
Tranquilli, i primi giorni sono i peggiori, come da copione, si presentano dubbio e sconforto. “Ma chi me l’ha fatto fare, ho sbagliato, stavo tanto bene in Italia, non riesco a comunicare…”
E loro sono tosti, quando meno te l’aspetti, si ripresenteranno ancora, nel corso del tempo. Sempre meno per fortuna, ma faranno capolino, soprattutto nelle serate di pioggia, durante le festività, dopo una giornata dura al lavoro, dopo le chiamate su Skype…
Ma per fortuna ci sarà lei, soddisfazione.
Arriverà lentamente, silenziosamente, ma arrverà.
Quando inizierai a sentirti a casa, quando le persone che fino a pochi mesi prima erano sconosciuti, diventano la tua famiglia, quando scoprirai di poter imparare qualsiasi lingua (o almeno di farti capire a gesti), quando per strada incontrerai persone che ti salutano, quando scoprirai di avercela fatta DA SOLA/O e ti sentirai la persona più forte del mondo.
Inutile dire che, per quelli come me, sempre alla ricerca del proprio posto nel mondo, prima o poi torna irrequietezza, quella sensazione di aver dato tutto, di aver vissuto a pieno il luogo in cui si è e di dover andare…verso qualcosa di nuovo. Ma questa è un’altra storia.

Maturanda 2004

Sono come una trottola... se mi fermo, cado.
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